La comunità raizal di San Andrés e Providencia: una minoranza etnica poco conosciuta nel Mar dei Caraibi

Di Sofia Dora Bolanos Campbell

Ubicazione geografica

A poche centinaia di chilometri di distanza dalle coste del Nicaragua si trova l’arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina. Appartenente alla Colombia (rispetto alla quale si trova a quasi 800 km a nord, costituendo uno dei dipartimenti del paese), è uno dei posti più particolari del Mar dei Caraibi, sia per la sua ubicazione che per la sua cultura. San Andrés è l’isola più grande ed è anche il capoluogo del dipartimento, conta circa 60 000 abitanti; Providencia è l’isola più piccola, con circa 5000 abitanti, seguita da Santa Catalina che ne conta qualche centinaia. Per capire a fondo l’aria che si respira in questo posto è necessario dimenticarsi per un attimo l’immaginario collegato alle tradizioni della Colombia, perché nell’arcipelago ci si trova completamente immersi nella cultura caraibica, che si distingue da quella latina presente nel continente.

Storia

Le isole rimangono disabitate fino ai primi anni del 1500, quando i coloni spagnoli ne prendono possesso senza però creare insediamenti e lasciandole in stato di abbandono. 

Successivamente, attorno al 1630 i coloni inglesi (puritani) e olandesi se ne appropriano con la violenza e danno avvio a piantagioni di cotone e tabacco deportando persone ridotte in schiavitù dall’Africa Occidentale (spesso queste persone erano già state deportate in altre isole caraibiche, ad esempio la Giamaica, e vennero semplicemente trasferite). Gli inglesi cominciarono a imporre la loro lingua, religione e tradizioni. Durante tutto il XVII secolo le isole furono anche prese di mira dalla pirateria e in particolare dal pirata Henry Morgan, il quale costruì la sua base operativa proprio qui. Ancora oggi tra gli isleños si crede che il tesoro del pirata sia nascosto da qualche parte nell’arcipelago.

Verso la fine del 1700, quando il commercio del cotone raggiunse i massimi livelli, la Spagna pianificò di riprendere possesso delle isole. Riuscì nel suo intento cacciando gli inglesi, i quali però trattarono per rimanere, pagando un tributo alle autorità spagnole.

I primi vent’anni del 1800 vedono la Guerra di Indipendenza Colombiana scatenarsi nel continente. Nel 1818 Luis Aury, un francese al servizio di Simón Bolívar, occupò le isole, che entrarono ufficialmente a far parte della Colombia nel 1822, aderendo alla prima Costituzione della neonata repubblica, chiamata Constitución de Cúcuta.  Negli anni successivi le isole subirono la noncuranza delle istituzioni colombiane, ma tra il 1845 e il 1847 venne fondata la Iglesia Bautista (di stampo evangelico) che ebbe un ruolo di sovranità. Pochi anni più tardi venne abolita la schiavitù e iniziò il processo di alfabetizzazione voluto dal pastore Philip Beekman Livingston. La chiesa in quegli anni occupò un ruolo predominante dal punto di vista educativo e culturale, come ha sempre fatto, d’altra parte. Anche qui “l’istituzione” chiesa ha colpito, impossessandosi delle menti di persone che si trovavano in una situazione di grande difficoltà causata dalla chiesa stessa, ma il loro sentirsi i “salvatori dell’umanità” non era nuovo già all’epoca. Non bisogna dimenticare che i culti principali praticati nelle isole prima dello stabilirsi della chiesa erano chiamati Obeah, e avevano origine in Africa. Erano pratiche magiche portate dalla diaspora afrodiscendente che vennero condannate come stregoneria dalla Iglesia Bautista, la quale, sebbene avesse un ruolo predominante, non riuscì però a fermare le persone dal praticare anche l’Obeah, infatti i due culti coesistettero. Ancora oggi, nonostante il diffondersi di altre religioni (come la chiesa cattolica, la chiesa avventista, i testimoni di Geova e soprattutto il Rastafari), si possono trovare persone che la praticano.

Merita una digressione un aspetto storico-culturale fondamentale delle isole, che si è venuto a creare nei secoli: la nascita del popolo Raizal. L3 Raizal hanno origini europee (principalmente inglesi e spagnole) e africane, hanno una lingua propria che è un creolo su base inglese mischiato con più lingue di origine africana, chiamato kriol o criollo sanandresano (simile a quello parlato dalla popolazione indigena nicaraguense dei Miskito) e le loro tradizioni sono affini a quelle di altri popoli delle Antille e delle coste del Nicaragua.

Nel 1886 la Colombia promulga una nuova Costituzione, e ciò riporta l’attenzione delle autorità su San Andrés, Providencia e Santa Catalina, le quali per un fatto di posizione “periferica” rispetto al continente erano state lasciate in uno stato di trascuratezza. Secondo i precetti della Costituzione del 1886, la nazione colombiana doveva essere consolidata sulla base dell’omogeneità, negando così la diversità etnica e culturale. Nelle scuole incominciò a essere imposto l’insegnamento dello spagnolo (fino a quel momento era stato imposto solo l’inglese) e venne resa obbligatoria la religione cattolica. Questo violento processo di assimilazione culturale venne chiamato Colombianización. Il risultato è che oggi le principali lingue parlate nel dipartimento sono il kriol, l’inglese e lo spagnolo, il quale ricopre la funzione di lingua ufficiale. Ci troviamo quindi di fronte all’ennesimo caso in cui la colonizzazione ha devastato e rovinato un’intera cultura.

Nel XX secolo si raggiunse il culmine di questo processo, quando nel 1953 l’allora presidente Gustavo Rojas Pinilla dichiarò le isole porto franco, provocando una grande affluenza turistica dal continente. Negli anni ’60, ’70 e ’80 si formano movimenti separatisti, alcuni più moderati e altri più radicali, che richiedono più autodeterminazione e autonomia allo Stato colombiano.

Riconoscimento come minoranza etnica

Nel 1991 la Colombia vede la necessità di rinnovare la sua Costituzione, si passa quindi da un processo di costruzione dell’identità nazionale a quello di ricostruzione di un’identità etnica: questo nuovo testo, infatti, promuove e protegge le minoranze etniche presenti nel paese. La Costituzione del 1991 ha costituito il quadro giuridico e legale per l’adozione del termine “Raizal” riconoscendo la popolazione dell’arcipelago e stabilendone la protezione come parte del carattere multiculturale della nazione. Finalmente il popolo Raizal viene ufficialmente riconosciuto come minoranza etnica indigena e nasce uno statuto che lo tutela. La prima prova si trova nell’articolo 310 che autorizza il Congresso della Repubblica a dettare norme speciali per l’Arcipelago:

“[..]al fine di soddisfare le speciali necessità della popolazione dell’arcipelago, in materia amministrativa, di immigrazione, fiscale, di commercio estero, di cambiamenti, finanziaria e di promozione economica, approvate nello stesso modo delle leggi ordinarie; e inoltre si possono varare leggi che possono limitare l’esercizio dei diritti di circolazione e residenza, stabilire controlli alla densità di popolazione, regolare l’uso del suolo pubblico,etc”

La corte costituzionale ha anche riconosciuto la peculiarità del gruppo etnico Raizal e la sua specifica protezione da parte dello Stato, come si afferma nella sentenza C-530 del 1993:

“La cultura delle persone Raizal delle isole è diversa rispetto alla cultura del resto dei colombiani, in particolare, in materia di lingua, religione e costumi, che conferiscono ai Raizal una certa identità. Quest’ultima è riconosciuta e protetta dallo Stato e fa parte della ricchezza qualitativa della Nazione. L’incremento della migrazione verso le isole, sia da parte di colombiani non residenti che da stranieri, mette a rischio l’identità culturale dei Raizal, nella misura in cui, ad esempio, essi non sono più la popolazione maggioritaria a San Andrés vedendosi così compromessa la conservazione del patrimonio culturale nativo, che è anche il patrimonio di tutta la Nazione.” 

Anche la sentenza C-086 del 1994 ribadisce l’attenzione speciale che lo Stato deve prestare al popolo Raizal, riconoscendolo come minoranza etnica al pari delle altre già presenti nel paese come le comunità indigene e afrocolombiane continentali:

“La popolazione Raizal di San Andrés e Providencia è un gruppo etnico perfettamente definito, come evidenziano il suo aspetto fisico, i suoi costumi, la sua lingua e l’appartenenza maggioritaria al protestantesimo[..]”

La sentenza C-454 del 1999, invece, riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione culturale Raizal:

“A giudizio di questa Corte, ciò che comporterebbe una inosservanza della Carta sarebbe l’inclusione della comunità Raizal dell’arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina all’interno delle comunità nere continentali. Questa ipotesi si tradurrebbe in una reale ignoranza delle profonde differenze di ordine culturale tra queste comunità e quelle dell’arcipelago; allo stesso modo, ciò implicherebbe non tenere conto delle enormi differenze che caratterizzano lo status continentale rispetto a quello insulare, le quali, in materia di pianificazione strategica dello sviluppo economico, sociale, ecologico, ambientale e culturale, sono particolarmente significative”

Anche se è tuttora aperto il dialogo per la salvaguardia dell’identità Raizal, il 1991 rimane un anno fondamentale per l’inizio di questo processo. 

Le isole oggi

Oggi l’arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina, vista l’ubicazione geografica, è mira del narcotraffico e del Conflitto Armato Colombiano che causano morti e sparizioni. Oltre a ciò, ci sono problemi come la sovrappopolazione, il turismo sfrenato e l’incuria generale da parte dello Stato colombiano.

Recentemente la Unidad para las Víctimas ha riconosciuto l’arcipelago come bersaglio del conflitto armato e soggetto di riparazione collettiva. Questo riconoscimento permetterà di rendere visibile e comprendere come le dinamiche del conflitto si siano adattate in modo differente nelle isole, evidenziando come le sue espressioni siano diverse da quelle del resto del paese. Nel corso del 2023, la Unidad para las Víctimas ha instaurato dialoghi con l3 rappresentanti della popolazione Raizal e gli enti governativi locali, con l’obiettivo di ricostruire la fiducia nelle istituzioni. In questo processo, la popolazione Raizal ha raccontato la storia dell’arrivo del traffico di droga nelle isole negli anni ’80, le dispute territoriali e la strumentalizzazione e stigmatizzazione subita dai pescatori a causa della loro conoscenza del mare. 

L’Unidad para las Víctimas ha inserito la comunità Raizal nel Registro Único de Víctimas (RUV) e ha stabilito che esiste un danno ai diritti collettivi, direttamente e indirettamente legato al conflitto armato.

Il diritto all’autonomia è stato violato perché l’esercizio politico è stato limitato, in quanto sono state colpite le loro forme di organizzazione e sono stati imposti modelli di comportamento diversi da quelli della loro cultura, che hanno influenzato il libero svolgimento della vita comunitaria. Il diritto all’integrità culturale è stato leso e il popolo ha dovuto subire atti di violenza che hanno prodotto una disgregazione della propria identità. 

Inoltre è stato appurato che gli effetti derivati dal narcotraffico, il modello di sviluppo legato al turismo eccessivo e la sovrappopolazione hanno causato una diminuzione della qualità della vita e una graduale perdita delle tradizioni. 

Con questo riconoscimento, l’Unidad para las Víctimas dimostra che alla radice di questi problemi c’è la colombianización. Omogenizzare la cultura e assimilare l’identità nazionale attraverso l’imposizione della lingua spagnola, la possibilità per le famiglie continentali di stabilirsi liberamente nelle isole e l’affidamento dell’istruzione alla chiesa cattolica sono state alcune espressioni di questo fenomeno.

“Una delle richieste che il popolo Raizal ha storicamente fatto allo Stato colombiano è che le istituzioni siano in grado di superare il razzismo istituzionale e di riconoscere i diritti acquisiti continuando a garantirli” ha detto Patricia Tobón Yagarí, direttrice dell’Unidad para las Víctimas.

L’arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina ha una storia e una cultura unica che vanno preservate il più possibile. La comunità Raizal, la minoranza afro-caraibica delle isole, viene continuamente calpestata da dinamiche razziste, coloriste e coloniali, il cui unico scopo è quello di estorcere denaro tramite i mezzi più spregevoli ai danni dell’identità culturale di questo popolo. Tramite la valorizzazione e il rispetto di questa cultura così speciale si possono aiutare i locali a mantenere vivi usi e costumi. 

TRADUZIONE

THE RAIZAL COMMUNITY OF SAN ANDRÉS AND PROVIDENCIA: AN ETHNIC MINORITY IN THE CARIBBEAN SEA

Geographic location

A few hundred kilometers away from the coasts of Nicaragua is the archipelago of San Andrés, Providencia and Santa Catalina. Belonging to Colombia (almost 800 km distant, constituting one of the country’s departments), it is one of the most particular places in the Caribbean Sea, both for its location and for its culture. San Andrés is the largest island and is also the capital of the department, it has around 60,000 inhabitants; Providencia is the smallest island, with around 5000 inhabitants, followed by Santa Catalina populated by a few hundreds. To fully understand the uniqueness of this place it is necessary to forget for a moment the imagery connected to the traditions of Colombia, because in the archipelago you find yourself completely immersed in the Caribbean culture, which differs from the Latin one on the continent .

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History

The islands remained uninhabited until the early 1500s, when the Spanish colonists took possession of them without creating settlements and leaving them in a state of abandonment.

Subsequently, around 1630, english (Puritan) and Dutch colonists violently appropriated it and started cotton and tobacco plantations, deporting people enslaved from West Africa (these people often had already been deported to other Caribbean islands, for example Jamaica, and they were transferred to the archipelago). The colonizers began to impose their language, religion and traditions. Throughout the 17th century the islands were also targeted by piracy and in particular by the pirate Henry Morgan, who built his base of operations here. Even today, the Isleños believe that the pirate’s treasure is hidden somewhere in the archipelago.

In the late 1700s, when the cotton trade was at its peak, the spanish government planned to repossess the islands. They succeeded by driving out the english colonizers, who however negotiated to stay, paying a tribute to the spanish authorities.

The first twenty years of the 1800s saw the Colombian War of Independence break out on the continent. In 1818 Luis Aury, a Frenchman in the service of Simón Bolívar, occupied the islands, which officially became part of Colombia in 1822, adhering to the first Constitution of the newly formed republic, called Constitución de Cúcuta. In the following years the islands suffered the neglect of the Colombian institutions, but between 1845 and 1847 the Iglesia Bautista (evangelical) was founded which had a sovereign role. A few years later slavery was abolished and the literacy process as intended  by Pastor Philip Beekman Livingston began. The church in those years occupied a predominant role from an educational and cultural point of view, as it has always done, on the other hand. Here the church as an “institution” struck too, taking over the minds of people who found themselves in a situation of great difficulty caused by the church itself, but their feeling of being the “saviors of humanity” was not new at the time. It should not be forgotten that the main cults practiced in the islands before the establishment of the church were called Obeah, and had their origins in Africa. They were magical practices brought by the Afro-descendant diaspora which were condemned as witchcraft by the Iglesia Bautista, which, although it had a predominant role, was unable to stop people from also practicing Obeah, in fact the two cults coexisted. Even today, despite the spread of other religions (such as the Catholic church, the Adventist church, Jehovah’s Witnesses and especially Rastafari), some people still practice it.

A fundamental historical-cultural aspect of the islands, which has been created over the centuries, is worth a digression: the birth of the Raizal people. Raizal have european (mainly english and spanish) and African origins, they have their own language which is an English-based creole mixed with several languages ​​of African origin, called Kriol or “Criollo Sanandresano” (similar to the language spoken by the indigenous Nicaraguan population of the Miskito) and their traditions are similar to those of other people from Antilles and the coasts of Nicaragua.

In 1886, Colombia promulgated a new constitution, and this brought the authorities’ attention back to San Andrés, Providencia and Santa Catalina, which due to their “peripheral” position and distance from the continent had been left in a state of neglect. According to the precepts of the 1886 Constitution, the Colombian nation was consolidated on the basis of homogeneity, denying ethnic and cultural diversity. The teaching of Spanish began to be imposed in schools (until then only English had been imposed) and the Catholic religion was made compulsory. This violent process of cultural assimilation was called Colombianización. The result is that today the main languages ​​spoken in the department are Kriol, English and Spanish, which serve as the official languages. We are therefore faced with yet another case in which colonization has devastated and ruined an entire culture.

The culmination of this process was reached in the 20th century, when in 1953 the then president Gustavo Rojas Pinilla declared the islands a free port, causing a large influx of tourists from the continent. In the 60s, 70s and 80s, separatist movements were formed, some more moderate and others more radical, which demanded more self-determination and autonomy from the Colombian state.

Recognition as an ethnic minority

In 1991, Colombia saw the need to renew its constitution, therefore moving from a process of building a national identity to that of reconstructing an ethnic identity: this new text, in fact, promotes and protects the ethnic minorities present in the country. The 1991 constitution established the legal framework for the adoption of the term “Raizal” recognizing the population of the archipelago and establishing their protection as part of the multicultural character of the nation. Finally the Raizal people are officially recognized as an indigenous ethnic minority and a statute is created that protects them. The first proof is found in article 310 which authorizes the Congress of the Republic to dictate special rules for the archipelago:

“[…]in order to satisfy the special needs of the population of the archipelago, in administrative, immigration, fiscal, foreign trade, change, financial and economic promotion matters, approved in the same way as ordinary laws; and furthermore, laws can be passed that can limit the exercise of movement and residence rights, establish controls on population density, regulate the use of public land, etc.”

The constitutional court also recognized the peculiarity of the Raizal ethnic group and its specific protection by the state, as stated in ruling C-530 of 1993:

“The culture of the Raizal people of the islands is different from  the culture of the rest of the Colombians, in particular, in matters of language, religion and customs, which give the Raizals a certain identity. The latter is recognized and protected by the state and is part of the qualitative wealth of the nation. The increasing migration to the islands, both by non-resident Colombians and foreigners, puts the cultural identity of the Raizals at risk, to the extent that, for example, they are no longer the majority population in San Andrés seeing themselves as the conservation of the native cultural heritage, which is also the heritage of the entire nation, has been compromised.”

The C-086 ruling of 1994 also reiterates the special attention that the state must pay to the Raizal people, recognizing them as an ethnic minority like the others already present in the country such as the indigenous and continental Afro-Colombian communities:

“The Raizal population of San Andrés and Providencia is a perfectly defined ethnic group, as evidenced by its physical appearance, its customs, its language and the majority belonging to Protestantism[…]”

Judgment C-454 of 1999, however, plays a fundamental role in the Raizal cultural identification: “In the opinion of this Court, what would entail a failure to comply with the Charter would be the inclusion of the Raizal community of the archipelago of San Andrés, Providencia and Santa Catalina within mainland black communities. This hypothesis would translate into a real ignorance of the profound cultural differences between these communities and those of the archipelago; equally, this would imply not taking into account the enormous differences that characterize the continental status compared to the insular one, which, in matters of strategic planning of economic, social, ecological, environmental and cultural development, are particularly significant”

Even if the dialogue for the protection of Raizal’s identity is still open, 1991 remains a fundamental year for the beginning of this process.

The islands today

Today the archipelago of San Andrés, Providencia and Santa Catalina, given its geographical location, is a target for drug trafficking and the Colombian armed conflict which cause deaths and disappearances. On top of that, there are problems such as overpopulation, unbridled tourism and general neglect on the part of the Colombian state.

Recently the Unidad para las Víctimas recognized the archipelago as a target of armed conflict and subject to collective reparation. This recognition will make it understandable how the dynamics of the conflict have adapted differently in the islands, highlighting how its expressions are different from those of the rest of the country. During 2023, the Unidad para las Víctimas established dialogues with 3 representatives of the Raizal population and local government bodies, with the aim of rebuilding trust in the institutions. In this process, the Raizal population told the story about the arrival of drug trafficking in the islands in the 1980s, the territorial disputes and the exploitation and stigmatization suffered by fishermen due to their knowledge of the sea.

The Unidad para las Víctimas has included the Raizal community in the Registro Único de Víctimas (RUV) and has established that there is damage to collective rights, directly and indirectly linked to the armed conflict.

The right to autonomy was violated because political exercise was limited, as their forms of organization were affected and behavioral models different from those of their culture were imposed, which influenced the free conduct of community life . The right to cultural integrity has been violated and the people have had to suffer acts of violence which have produced a disintegration of their identity.

Furthermore, it has been established that the effects resulting from drug trafficking, the development model linked to excessive tourism and overpopulation have caused a decrease in the quality of life and a gradual loss of traditions.

With this recognition, the Unidad para las Víctimas demonstrates that colombianización is at the root of these problems. Homogenizing culture and assimilating national identity through the imposition of the Spanish language, the possibility for continental families to settle freely in the islands and the entrusting of education to the Catholic church were some expressions of this phenomenon.

“One of the requests that the Raizal people have historically made to the Colombian state is that the institutions are able to overcome institutional racism and recognize the rights acquired while continuing to guarantee them” said Patricia Tobón Yagarí, director of the Unidad para las Víctimas.

The archipelago of San Andrés, Providencia and Santa Catalina has a unique history and culture that must be preserved as much as possible. The Raizal community, the Afro-Caribbean minority of the islands, is continuously trampled by racist, colorist and colonial dynamics, whose sole purpose is to extort money through the most despicable means to the detriment of the cultural identity of these people. By promoting and respecting this very special culture, locals can be helped to keep customs and traditions alive.


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