Disclaimer: il testo presenta un linguaggio binario perchè la sua ricerca è basata su dati binari tra uomini e donne cis. Tuttavia, nello scrivere questo articolo, vogliamo ricordare che nell’industria musicale ci sono invece molte persone con identità di genere non binaria.
Non è una novità, l’industria musicale ha subito enormi cambiamenti negli ultimi decenni, basti pensare al passaggio verso il digitale, che ha fatto sì che si riscrivessero le regole di un meccanismo già di per sé molto articolato. Altri cambiamenti importanti come un mondo sempre più globalizzato hanno invece portato lo sguardo altrove, verso mercati che hanno dinamiche diverse da quello italiano. Il modo in cui si usufruisce della musica è cambiato e anche l* su* fruitor*, ciò però non ha apportato una trasformazione vera e propria riguardante le donne.
Ovviamente, nell’industria musicale la disparità di genere è all’ordine del giorno. Un report del 2021 di SAE Institute chiamato “Women in Music Industry” rende noto che, a livello internazionale, nell’autorialità musicale le donne rappresentano solo il 12%, mentre nella produzione il rapporto uomo-donna è 37 a 1. Dati sconcertanti se si pensa a come la musica sia parte integrante della nostra vita quotidiana. Come si spiegano quindi delle statistiche così basse?
Si sa, numericamente le donne sono meno degli uomini in questo settore, di conseguenza vendono meno e hanno meno probabilità di arrivare in cima alle classifiche. Il problema non riguarda tanto la qualità o il talento, ma gli stereotipi, l’immaginario collettivo e le conseguenti scarse possibilità di affermarsi in un mondo principalmente maschile. Una storia già sentita, vero?
A questo punto, come non citare il palco più agognato d’Italia, ovvero quello dell’Ariston? Ecco qualche dato risalente a una ricerca del 2022:
“Nel corso di tutte le edizioni del Festival di Sanremo, la presenza delle donne – nei vari ruoli che abbiamo preso in considerazione – si attesta al 29%. Le donne che hanno condotto Sanremo sono il 20%, una percentuale già di per sé molto bassa; tra queste, sono solo 6 le donne che hanno condotto Sanremo senza avere un uomo a fianco.
La co-conduzione, invece, è quasi tutta al femminile: il 79% della co-conduzione di Sanremo è stata affidata alle donne. Già da questi due dati è evidente una disparità di rappresentanza: la conduzione è quasi totalmente maschile, mentre le donne vengono scelte in maggioranza per affiancare, per stare accanto.
[…]
Se passiamo ai dati sulle esibizioni di artisti e artiste a Sanremo, il quadro non è maggiormente incoraggiante. Ci sono da sempre due categorie: Sezione Big e Nuove Proposte. Nel nostro documento abbiamo inserito i partecipanti e le partecipanti di entrambe le categorie. Dalla lettura dei dati il racconto è di una disparità molto ampia tra uomini e donne: il 72% di chi si è esibito a Sanremo, in 72 anni, è uomo.
Sono solo 7, inoltre, le edizioni in cui la percentuale delle donne che si esibiscono è più alta di quella degli uomini.
Questi dati ci raccontano di un evento musicale in cui la rappresentanza femminile è minima e diventa invece maggiore quando il ruolo è di affiancamento.”
Le donne sono spesso limitate a ruoli tradizionali e stereotipati. Sul palco trovano spazio soprattutto come cantanti, mentre “dietro le quinte” in ambiti lavorativi come la promozione o l’ufficio stampa, con scarse prospettive di crescita in altre aree artistiche e professionali. Questo schema limita notevolmente il loro accesso ad altri ruoli creativi e dirigenziali. Inoltre, le case discografiche tendono a trattare le artiste femminili come un solo e unico prodotto: se si investe in una cantante, è difficile che venga dato spazio a un’altra, il che crea un’ inutile competizione tra artiste. Questo tipo di dinamiche non è così presente per gli uomini, che trovano maggiori opportunità senza dover competere per uno spazio ristretto. Il dibattito sul gender balance nel settore musicale in Italia, sebbene in crescita, resta limitato. A livello internazionale invece, la discussione su questi temi è più avanzata, con una maggiore consapevolezza e sensibilità verso le differenze di genere. In Italia la mancanza di un dibattito diffuso ostacola l’azione concreta, e spesso le iniziative per migliorare la situazione rimangono solo superficiali, senza un reale impatto sulla struttura del settore.
Per non parlare poi di autorialità. Culturalmente, le donne sono spesso percepite come interpreti, mentre poche riescono ad affermarsi come creatrici di testi e musica. La figura della cantante è spesso ridotta a un “bel corpo” al servizio degli altri, mentre il ruolo del cantautore maschile è più riconosciuto e valorizzato. Questa assenza di autorialità femminile è dovuta a fattori socio-culturali, ciò riflette l’esclusione delle donne da un approccio professionale all’arte. Le donne, inoltre, devono affrontare maggiori pressioni legate alla difficoltà di esporre la propria creatività senza temere critiche, soprattutto in un ambiente che valuta elementi esterni alla qualità della musica. Per molte artiste scrivere e comporre rappresenta un atto di coraggio e libertà personale, spesso raggiunto solo dopo aver superato barriere interne ed esterne legate al giudizio altrui.
Se si superasse il concetto di genere come criterio di valutazione nel settore musicale, il futuro si concentrerebbe sulla qualità e i progetti individuali, piuttosto che sulla distinzione di genere, poiché il concetto di genere stesso sta evolvendo oltre il tradizionale binarismo maschio/femmina.
Ricevere molestie sessuali nel mondo della musica è purtroppo una consuetudine. Il corpo delle performer è spesso parte integrante del progetto artistico, questo alimenta il solito maschilismo, che si manifesta in forme di violenza che vanno da quelle esplicite a quelle più sottili, legate a dinamiche di potere e ruoli gerarchici (basti pensare al classico “ha raggiunto la fama perchè l’ha data a quello giusto”). Il settore musicale è particolarmente vulnerabile da questo punto di vista, in parte a causa della percezione che lo considera un ambiente informale e poco strutturato. Questa mancanza di regole chiare rende più probabili discriminazioni e soprusi, specialmente verso le donne che aspirano a ruoli tecnici o dirigenziali. L’industria musicale è ancora vista come un ambito di svago, e questa percezione contribuisce a ridurre le tutele fondamentali per le lavoratrici, oltre alla già presente violenza sistemica che conosciamo purtroppo bene.
Quest’anno le artiste HÅN e Leanò hanno sfruttato la visibilità del MI AMI Festival per affrontare il tema delle molestie nell’industria musicale lanciando un form per denunciare abusi sul lavoro. Durante la diciottesima edizione del festival, le due cantautrici hanno raccolto testimonianze di molestie, discriminazioni e abusi di potere dopo aver chiesto ad altr* artist* di condividere le loro esperienze. Le risposte hanno rivelato numerosi episodi di sessismo. Per diffondere queste storie, hanno distribuito volantini durante l’evento con un QR code che permetteva di condividere anonimamente la propria esperienza. Il form, chiamato “Girls Just Wanna Have Fun” ha confermato quanto siano diffuse e normalizzate le molestie e il comportamento sessista verso le lavoratrici di questo settore.
La situazione attuale è in lento miglioramento, ma ciò non è abbastanza. Negli ultimi anni si è assistito a una crescente attenzione e al moltiplicarsi di iniziative volte a promuovere la parità di genere nel settore musicale, sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare per raggiungere una reale eguaglianza. Questo progresso è stato reso possibile anche grazie all’impegno di diverse associazioni e reti di donne attive nel mondo della musica. Le azioni collettive potrebbero contribuire a rendere questa ‘industria più inclusiva, creando spazi e opportunità per tutt*.
In conclusione, il retaggio patriarcale invade anche il mondo dell’arte, il quale dovrebbe essere la massima espressione della libertà. Chi si identifica come donna subisce soprusi che ledono la sua dignità non solo in quanto persona, ma anche in quanto artista. In un settore come quello musicale manca rappresentanza, ed è per questo che far sentire la propria voce (in tutti i sensi) è una forma di lotta per l’emancipazione artistica di tutt*.
Caption per IG:
L’industria musicale è in continua evoluzione. Cosa non lo è? Ovviamente la parità. Le donne in questo settore sono poche e poco valorizzate.
Tante -troppe- volte sentiamo parlare di eventi, classifiche o addirittura interi generi musicali con una predominanza maschile. Ciò svela un intrinseco gioco di dinamiche in cui le artiste non vengono prese in considerazione in quanto donne.
Questo articolo offre dati reali e riflessioni che cercano di fare chiarezza su un settore che fa progressi ma resta fermo su tematiche come l’inclusività. E’ tempo che tutte le voci vengano ascoltate.
Artist*: fateci sentire la vostra nei commenti o in DM!
Caption per Linkedin:
L’industria musicale è permeata dal maschilismo? La risposta sì. Lo sanno bene l* artist* che vedono la loro arte morire sotto le mani di un sistema di stampo patriarcale.
Una generale svalutazione della donna come artista, la stereotipizzazione della “cantante” e la perpetrazione di schemi e dinamiche sessiste rende questo mondo non inclusivo e abusante. Le donne che lo abitano sono costrette a subire meccanismi che le schiacciano, trascurando la loro arte e rendendole delle semplici figure da piazzare su un palco per produrre denaro.
In quest’articolo parleremo proprio di questo, di come il settore musicale sia in realtà altamente tossico e intriso di violenza, anche velata, verso chi si identifica come donna.
Mentre i palchi più importanti d’Italia vengono principalmente calcati da uomini, c’è chi lotta, sia dietro le quinte sia davanti al pubblico, per avere un ambiente paritario in cui ogni voce conta.
Restate connessi per scoprire come l’industria musicale oggi potrebbe cambiare direzione.
Traduzione
GENDER GAP IN THE MUSIC INDUSTRY: A LACK OF REPRESENTATION THAT CAN BE FELT.
Disclaimer: The text presents binary language because its research is based on binary data between cis men and women. However, in writing this article, we would like to remember that there are many people with non-binary gender identities in the music industry.
This is nothing new; the music industry has undergone enormous changes in recent decades, just think of the transition towards digital, which caused the rules of an already very complex mechanism to be rewritten. Other important changes, such as an increasingly globalized world, have instead taken our gaze elsewhere, towards markets that have different dynamics from the Italian one. How music is consumed has changed, and so have the user, but this has not led to a real transformation for women.
Gender inequality is commonplace in the music industry. A 2021 report by the SAE Institute, titled “Women in Music Industry”, reveals that women represent only 12% of music authorship internationally, while in production, the male-female ratio is 37 to 1. This is disconcerting data, especially considering how music is an integral part of our daily lives. So, how can such low statistics be explained?
It is well known that there are numerically fewer women than men in this sector, consequently, they sell less and are less likely to reach the top of the charts. The problem is not so much about quality or talent, but about stereotypes, the collective imagination, and the consequent poor chances of asserting oneself in a mainly male world. A story you’ve heard before, right?
At this point, how can we not mention Italy’s most coveted stage, the Ariston? Here is some data from research conducted in 2022:
“Throughout all editions of the Sanremo Festival, women’s representation – in the various roles we took into consideration – stood at 29%. Only 20% of the hosts were women, a very low percentage in itself; among these, there are only 6 women who hosted Sanremo without having a man by their side.
Co-hosting, however, is almost entirely female: 79% of Sanremo’s co-hosting roles were entrusted to women. Already from these two figures, a disparity in representation is evident: management is almost entirely male, while women are mostly chosen to support, to stand alongside.
[…]
If we look at the data on the performances of male and female artists in Sanremo, the picture is no more encouraging. There have always been two categories: the “Big” Section and the “New Entries”. In our document, we have included the participants of both categories. From reading the data, the story is of a very large disparity between men and women: 72% of those who have performed in Sanremo, in 72 years, are men.
Furthermore, there are only 7 editions in which the percentage of women performing is higher than that of men.
This data reveals a musical event in which female representation is minimal and instead becomes greater when their role is a supporting one.”
Women are often confined to traditional and stereotyped roles. On stage, they find space mainly as singers, while “behind the scenes” in work areas such as promotion or press office, with little prospect of growth in other artistic and professional areas. This pattern significantly limits their access to other creative and leadership roles. Furthermore, record companies tend to treat female artists as the same product: if you invest in one singer, it is difficult to give space to another, which creates unnecessary competition between artists. This type of dynamic is not as present for men, who find more opportunities without having to compete for a limited space. The debate on gender balance in the music sector in Italy, although growing, remains limited. At an international level, however, the discussion on these issues is more advanced, with greater awareness and sensitivity towards gender differences. In Italy, the lack of widespread debate hinders concrete action, and initiatives to improve the situation often remain only superficial, without a real impact on the structure of the sector.
Not to mention authorship. Culturally, women are often perceived as performers, while few succeed in establishing themselves as creators of lyrics and music. The figure of the singer is often reduced to a “beautiful body” at the service of others, while the role of the male singer-songwriter is more recognized and valued. This absence of female authorship is due to socio-cultural factors, which reflect the exclusion of women from a professional approach to art. Women also face greater pressures related to the difficulty of exhibiting their creativity without fear of criticism, especially in an environment that evaluates elements external to the quality of music. For many artists, writing and composing represent an act of courage and personal freedom, often achieved only after overcoming internal and external barriers linked to the judgment of others.
If the concept of gender as an evaluation criterion in the music industry were to be overcome, the focus in the future would shift to quality and individual projects, rather than on gender distinction, as the concept of gender itself is evolving beyond the traditional male/female binary.
Experiencing sexual harassment in the music industry is unfortunately common. The bodies of performers are often an integral part of the artistic project. This fuels the pervasive machismo, which manifests in forms of violence ranging from explicit to more subtle ones, linked to power dynamics and hierarchical roles (just think of the classic “they achieved fame because they slept with the right person”). The music sector is particularly vulnerable in this respect, partly due to the perception that it is an informal and unstructured environment. This lack of clear rules makes discrimination and abuse more likely, especially towards women who aspire to technical or managerial roles. The music industry is still seen as an area of leisure, and this perception contributes to reducing fundamental protections for female workers, in addition to the already present systemic violence that we, unfortunately, know well.
This year, artists HÅN and Leanò took advantage of the visibility provided by the MI AMI Festival to address the issue of harassment in the music industry by launching a form to report abuse at work. During the eighteenth edition of the festival, the two singer-songwriters collected testimonies of harassment, discrimination, and abuse of power after asking other artists to share their experiences. The responses revealed numerous incidents of sexism. To spread these stories, they distributed flyers during the event with a QR code that allowed people to anonymously share their experiences. The form, called “Girls Just Wanna Have Fun” confirmed how widespread and normalized harassment and sexist behavior towards workers in this sector is.
The current situation is slowly improving, but this is not enough. In recent years there has been a growing attention and multiplication of initiatives aimed at promoting gender equality in the music sector, although there is still much work to be done to achieve real equality. This progress was also made possible thanks to the commitment of various associations and networks of women active in the music industry. Collective actions could help make this industry more inclusive, creating spaces and opportunities for all.
In conclusion, the patriarchal legacy also invades the world of art, which should be the maximum expression of freedom. Anyone who identifies as a woman suffers abuses that damage her dignity not only as a person but also as an artist. In a sector like the music one, there is a lack of representation, and this is why making your voice heard (in every sense) is a form of struggle for the artistic emancipation of everyone.
Lascia un commento