di Claudia Milazzo @fattybibibi
(English below the cut)

Quando diciamo grassofobia ciò di cui stiamo parlando è pregiudizio anti-grasso.
Grassofobia è l’espressione più comune perché è presa dalle stesse convenzioni linguistiche che hanno portato termini come omofobia, lesbofobia, bifobia, transfobia, etc. per intendere l’odio verso persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, etc.
C’è da fare un appunto però: le fobie sono paure personali incontrollabili; il pregiudizio anti-grasso, invece, esiste in base alla volontà del singolo e della società e si scinde nettamente da ciò che si intende per fobia.
Ai fini di questa discussione, verranno utilizzati i termini in maniera intercambiabile, sia grassofobia che pregiudizio anti-grasso, ma la specifica in quanto tale era d’obbligo per fare intendere maggiormente la questione.

La grassofobia è definibile come una serie di sistemi interconnessi nella società, alimentati da un’industria da 212,97 miliardi di dollari1 fondata sulle “diete” e sulla perdita di peso, che lavora disumanizzando, stereotipizzando e diffondendo false informazioni sulle persone grasse.
Questi sistemi si esprimono in molti modi, sia nella nostra vita quotidiana che nella nostra mente (come la grassofobia interiorizzata di cui parleremo successivamente nell’articolo).

MACRO AREE DI DISCRIMINAZIONE E MEDICAL FAT BIAS

A livello macro, la grassofobia può presentarsi come:
spazi pubblici che non riescono ad ospitare persone grasse, negozi che limitano le opzioni di abbigliamento disponibili per escludere clienti grassə o l’industria medica che, a causa dei medical fat bias e della continua ricerca di un corpo definito apparentemente “sano”, considera talmente tanto il grasso come una malattia da sradicare – chiamandola erroneamente “epidemia” – da ignorare diagnosi e sintomi, suggerire torture socialmente accettate e persino arrivare a “nuocere” la salute dellə propriə paziente.

Non esiste modo migliore di spiegare la situazione come quello enunciato da Amy Erdman Farrell nel suo libro “Fat Shame – Lo stigma del corpo grasso”:

“Il corpo “sano” di oggi è un corpo magro, spogliato di ogni traccia di grasso. […] E così come quelle teorie ottocentesche venivano spesso utilizzate per giustificare discriminazioni e disuguaglianze basate sulla “scienza, le odierne teorie del corpo “sano” giustificano “cure” brutali, come gli interventi chirurgici ormai proposti anche a bambinə e adolescenti, o trattamenti ingiusti come le recenti decisioni che rendono l’adozione più difficile e a volte impossibile per le persone grasse.

Rafforzando l’idea pericolosa del “corpo civilizzato“, la denigrazione delle persone grasse si unisce ed esacerba il razzismo, il sessismo, il classismo e l’omolesbobitransfobia, e tutti gli altri mezzi con cui la nostra cultura classifica e opprime le persone in base agli attributi corporei e alla posizione sociale.
Infatti, se davvero quest’ansia nazionale e internazionale per quanto riguarda l’epidemia di ob**ità vuole risolvere dei problemi di salute, è meglio iniziare a spogliarsi del bagaglio culturale che ha alimentato una prospettiva di odio. Altrimenti stiamo semplicemente “curando” le persone per la paura di un’identità stigmatizzata e discriminata, che ha poco a che fare con rischi reali e fisici di salute.”

LA RETORICA DELLA VIOLENZA GIUSTIFICABILE

La grassofobia è ovunque e può essere trovata in filmati di cronaca – in tv o nei social media – “di persone grasse filmate di nascosto, ridotte alla forma e alle dimensioni del loro corpo, degne di pietà, vergogna ma senza voce.” [YourFatFriend].

Oppure in film come, per citarne uno più recente, The Whale, o in programmi televisivi come Vite al limite e molti altri, in cui la pornografia del dolore è atta a saziare chi dal divano non fa altro che sdegnarsi e giudicare i corpi sullo schermo. O The Biggest Loser, uno spettacolo dedicato a mostrare le persone magre che rimproverano, sminuiscono e svergognano le persone grasse.
A volte la grassofobia la troviamo in persone estranee che fissano, ridono, che insultano per strada e nei supermercati, dando pareri non richiesti; o in palestra appioppando nomignoli.
Il pregiudizio anti-grasso può essere, ad esempio: unə responsabile delle assunzioni che esamina due candidatə con qualifiche simili e sceglie la persona più magra perché crede che quella più grassa sia grassa perché “pigra, stupida o senza autodisciplina”.

Il pregiudizio anti-grasso può essere rappresentato dai membri della famiglia ben intenzionati che condividono le foto prima e dopo ogni occasione, che ti dicono “peccato hai un bel viso” o altre frasi usate come un’ammonizione, un invito a perdere peso per sentirsi meglio – con sé stessə, con le altre persone, per trovare unə partner, un lavoro, etc.
La grassofobia vive nella rappresentazione dei migliaia di meme, di video, di foto ritoccate sui social o nelle migliaia di battute presenti sul tema.
Può anche essere un insulto velato da qualcunə, conosciutə o meno, o un insulto palese e personale. In ogni area della vita di ognunə di noi si è sicuramente incappatə in argomentazioni riguardanti il corpo di un’altra persona, ognuna di queste parole ha una conseguenza sulla vita di chi le ascolta, che si abbia consapevolezza del tema o meno.

MICRO AREE DI DISCRIMINAZIONE E GRASSOFOBIA INTERIORIZZATA

Molto spesso il pregiudizio anti-grasso – grassofobia – è più sottile, e così profondamente calato nel tessuto della società da renderlo estremamente difficile da sradicare.
La grassofobia può essere, come già accennato, interiorizzata e operare anche nelle teste delle persone grasse.
Può presentarsi come un dialogo interiore negativo che fa eco a messaggi negativi sul grasso che si sentono da familiari, amicə, media, medicə e dall’industria della dieta.
Può manifestarsi come la paura di attirare l’attenzione su sé stessə o come una subdola convinzione che ci si meriti di essere trattatə con meno delicatezza, meno attenzione, meno supporto, “meno di” – solo perché si è grassə.
Si proietta il pregiudizio anti-grasso interiorizzato anche quando, da persone grasse, si giudicano altre persone grasse o ci si confronta con esse – “sono più magrə di“, “sono meno grassə di“, “così quella persona è troppo grassə” etc.
La grassofobia interiorizzata è spesso un modo inconscio per ottenere l’approvazione di un mondo che attribuisce valore all’essere magrə. È una critica personale che elude l’unione di una lotta che appartiene a tuttə – ma che discrimina alcunə – vivendo nella speranza di ricevere un trattamento migliore dalla società rispetto alle controparti grasse che lottano semplicemente per esistere.

L’INTERSEZIONE DELLA GRASSOFOBIA

Il pregiudizio anti-grasso non ha un impatto uguale su tutte le persone grasse ma entra in gioco l’intersezionalità.
La grassofobia ha un impatto sproporzionato su coloro che vivono con più emarginazioni.
Ad esempio persone BIPOC (Black, Indigenous e People of Color – minoranze etniche /religiose/culturali) grass*, sentono l’impatto economico, sistemico e sociale della discriminazione sul grasso e sulla propria taglia in modo più acuto rispetto alle persone bianche e grasse.
Lo stesso vale per le persone grasse disabili, le persone grasse appartenenti alla comunità LGBTQIAPK+ , le persone grasse economicamente marginalizzate, etc.
Una forma di oppressione si accumula su un’altra come gli stereotipi si accumulano o si rafforzano a vicenda.

Anche per queste motivazioni la battaglia politica contro ogni forma di discriminazione sistemica, sia all’interno che all’esterno delle consapevolezze transfemministe intersezionali, deve tenere conto della grassofobia come forma reale e tangibile di discriminazione portando a galla, passando il microfono e sostenendo le lotte dellə compagnə grassə e aiutando a sradicare, insieme, pezzo per pezzo questo sistema di emarginazione sociale. O tuttə o nessunə.

Sources: fatliberation.org, pubmed.gov, yourfatfriend.com, medium.com, haescommunity.com

  1.  https://www.verifiedmarketresearch.com/product/weight-loss-and-weight-management-market/ ↩︎

What does fatphobia mean?

by Claudia Milazzo @fattybibibi

When we say fatphobia what we are talking about is anti-fat prejudice.

Fatphobia is the most common expression because it is taken from the same linguistic conventions that have led to terms such as homophobia, lesbophobia, biphobia, transphobia, etc. meaning hatred towards gay, lesbian, bisexual, trans people, etc.

However, there is a note to be made: phobias are uncontrollable personal fears; anti-fat prejudice, on the other hand, exists based on self and society will and is clearly separated from the technical meaning of phobia.

For the purposes of this article, the terms will be used interchangeably – both fatphobia and anti-fat prejudice – but the explanation above was needed in order to better understand the issue.

Fatphobia is defined as a series of interconnected systems in society, fueled by a $212.97 billion industry, of “diets” and weight loss that works to dehumanize, stereotype, and spread false information about fat people.

These systems express themselves in many ways, both in our daily lives and in our minds (such as internalized fatphobia which will be explored further later in the article).

MACRO AREAS OF DISCRIMINATION AND MEDICAL FAT BIAS

On a macro level, fatphobia can occur as follows:

  • public spaces that cannot accommodate fat people
  • shops with limited clothing options available that exclude fat customers
  • the medical industry that, due to medical fat bias and the continuous search for a body defined as apparently “healthy”, considers fat as a disease to be eradicated so much that – mistakenly calling it an “epidemic” – it ignores diagnoses and symptoms, suggests socially accepted torture and even goes as far as “harming” the patient’s health.

There is no better way to explain the situation than the one stated by Amy Erdman Farrell in her book “Fat Shame: The stigma of the fat body”:

“Today’s “healthy” body is a lean body, free from any traces of fat. […] And just like those nineteenth-century theories were often used to justify discrimination and inequalities based on “science”, today’s theories of “healthy” body justify brutal “cures”, such as the surgical interventions now also offered to children and adolescents, or unfair treatment like recent decisions that make adoption more difficult and sometimes impossible for fat people.

By reinforcing the dangerous idea of the “civilized body,” the denigration of fat people joins and exacerbates racism, sexism, classism, homolesbian, transphobia, and all the other means by which our culture categorizes and oppresses people based on bodily attributes and social position.

In fact, if this national and international anxiety regarding the obesity epidemic really wants to solve health problems, it is better to start getting rid of the cultural baggage that has fueled a perspective of hatred. Otherwise we are simply “medicating” people out of fear of a stigmatized and discriminated identity, which has little to do with actual physical health risks.”

THE RHETORIC OF JUSTIFIABLE VIOLENCE

Fatphobia is everywhere and can be found in news footage – on TV or in social media – “of fat people secretly filmed, reduced to the shape and size of their bodies, worthy of pity, shame but without a voice.” [YourFatFriend].

Or in films such as, to name a more recent one, The Whale, or in television programs such as My 600-lb Life and many others, in which the pornography of pain is designed to satiate those who do nothing but disdain and judge the bodies on the screen from the sofa. Or The Biggest Loser, a show dedicated to showing thin people berating, belittling, and shaming fat people.

Sometimes we find fatphobia in strangers who stare, laugh, insult on the street and in supermarkets, giving unsolicited opinions; or in the gym by using nicknames.

Anti-fat prejudice can be, for example: a hiring manager looking at two applicants with similar qualifications and choosing the thinner person because he/she believes the fatter one is “lazy, stupid or lacks self-discipline”.

Anti-fat prejudice can be represented by well-intentioned family members sharing before and after photos at every occasion, telling you “it’s a pity because you have a pretty face” or other phrases used as an admonition, an invitation to lose weight to feel better – with oneself, with other people, to find a partner, a job, etc.

Fatphobia lives in the representation of thousands of memes, videos, retouched photos on social media or in the thousands of jokes on the topic.

It can also be a subtle insult from someone, whether you know them or not, or a clear and personal insult. In every area of life, each of us has certainly come across arguments regarding another person’s body: each of those words has a consequence on the life of those who listen, whether they are aware of the topic or not.

MICRO AREAS OF DISCRIMINATION AND INTERNALIZED FATPHOBIA

Very often anti-fat prejudice – fatphobia – is more subtle, and so deeply embedded in the fabric of society that it is extremely difficult to eradicate.

Fatphobia can be, as already mentioned, internalized and also impact the minds of fat people.

It can show as a negative self-talk that echoes negative messages heard from family, friends, media, doctors, and the diet industry.

It can be the fear of drawing attention or a subtle belief that one deserves to be treated less kindly, less attentively, less supported, “less than” – just because is fat.

Internalized anti-fat prejudice is also projected when, as fat people, we judge other fat people or compare ourselves with them – “I’m thinner than“, “I’m less fat than“, “that person is way too fat” etc.

Internalized fatphobia is often an unconscious way to gain approval from a world that values being thin. It is a personal criticism that eludes the union of a struggle that belongs to everyone – but discriminates against some – living in the hope of receiving better treatment from society than their fat counterparts who simply struggle to exist.

THE INTERSECTION OF FATPHOBIA

Anti-fat prejudice does not impact all fat people equally but intersectionality comes into play.

Fatphobia has a disproportionate impact on those who live with the most marginalization.

For example, BIPOC (Black, Indigenous and People of Color – ethnic/religious/cultural minorities) fat people, feel the economic, systemic and social impact of discrimination on fat and their size more acutely than white fat people.

The same goes for disabled fat people, fat people belonging to the LGBTQIAPK+ community; economically marginalized fat people; etc.

One form of oppression builds upon another as stereotypes build upon or reinforce each other.

Also for these reasons, the political battle against every form of systemic discrimination – both within and outside of intersectional transfeminist awareness – must take fatphobia into account as a real and tangible form of discrimination by bringing it to the surface, passing the microphone and supporting the struggles of the fat fellows and helping to eradicate, together, this system of social marginalization piece by piece. Either all or none.

Sources: fatliberation.org, pubmed.gov, yourfatfriend.com, medium.com, haescommunity.com


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